Karima

 



Amir:
“Finalmente ho potuto assistere a qualcosa che non si vedeva ormai da 20 anni, il rispetto per il
nostro dio, che tanto è mancato sotto il governo di quei balordi degli americani.
Le donne stanno tornando a seguire le regole che abbiamo provato ad imporre loro tanto tempo fa,
anche se alcune non hanno ancora capito chi comanda. Non capisco l’esigenza di alcune di fare ciò
che già fa l’uomo. Perché vogliono studiare? Perché vogliono lavorare? Io, se fossi in loro, mi
riterrei fortunato ad essere donna, in fondo mi dovrei solamente occupare della casa e della
famiglia. Tutto ciò è previsto dalla Sharia, la legge islamica. C’è addirittura chi pretende di uscire
sola, senza nessuna protezione, senza il burqa, in modo da lasciare il volto scoperto, così da poter
farsi vedere da chiunque. Che necessità c’è di farsi vedere da un uomo che non sia il proprio
marito?
Forse questa eccessiva libertà che stiamo loro concedendo ha fatto loro scordare che la religione
impone loro delle regole? Dobbiamo essere un po’; più repressivi affinché rispettino i loro doveri?
Proprio pomeriggio ho incontrato una ragazzina, da sola. Esatto da sola. Camminava senza che un
uomo l’accompagnasse, si sentiva libera. Come può pensare di fare una cosa simile? Il burqa non
era neanche indossato correttamente, una ciocca di capelli fuoriusciva e poteva intravederla
chiunque. Se io non mi fossi trovato in quell’esatto luogo, lei avrebbe continuato probabilmente a
comportarsi così, dando un cattivo esempio anche alle altre donne. La ragazza mi ha quasi guardato
con occhi di sfida e questa cosa mi ha fatto imbestialire. La mia mente era pervasa di rabbia, non ho
potuto far altro che scagliarmi contro di lei. L’ho picchiata. Ho reagito così per una giusta causa. Le
sue urla hanno attirato molti altri uomini, miei compagni, che hanno voluto dare il loro contributo.
Dopo qualche istante, ormai soddisfatti si sono allontanati e sono rimasto solo con lei. Stavo per
andarmene, quando ho visto a terra un quadernetto che la ragazza teneva molto stretto, ho deciso di
afferrarlo e di portarlo con me. Ne avrei letto qualche pagina quando avrei avuto un po’ di tempo.”

Herat, 10 Settembre 2021
“Ho deciso di descrivere la mia vita, riversare tutte le mie emozioni e paure su un pezzo di carta. Ho
bisogno di sfogarmi, di esprimere la mia rabbia e la mia frustrazione, nei confronti di una vita che
non può essere definita tale.
Sono Karima, ho 17 anni, nonostante sia giovane non ho mai cominciato a vivere realmente.
Seppur non sia nata con la guerra, come chi si ritrova in tale posizione nascendo nel 2021, la
mia memoria è comunque pervasa da un tale ideale. Ho vissuto la mia breve esistenza
accompagnata costantemente dagli insegnamenti dei miei genitori.
Sono nata l’8 Marzo del 2004 a Herat, città dell’Afghanistan occidentale; mio padre è un
medico mentre mia madre, fino a poco tempo fa, era un’insegnante. Fino a qualche mese fa
ho praticato nuoto, nuotare mi rende libera è la cosa che più amo fare. Il mio tempo libero lo
impiegavo leggendo, trovavo curioso recarmi in biblioteca e cercare storie di fantasia, ma ciò
che più mi appassionava era il cinema; ora tutto questo non mi è stato più concesso, i
talebani hanno nuovamente ripreso il possesso del mio Paese. Mi sono ritrovata estraniata
da tutte le mie più grandi passioni. Ciò mi rende triste, ma non mi scoraggia, sono fiduciosa.
In queste ultime settimane, l’intero Afghanistan è pervaso dalla disperazione ed è proprio in
questo contesto che noi donne, dovremmo raccogliere la nostra forza, il nostro coraggio, la
nostra resilienza e portare avanti i nostri ideali. So di essere molto giovane e probabilmente
è sbagliato anche solo avere un determinato pensiero, ma sono cresciuta così. 
La mia famiglia mi ha sempre suggerito di esprimere la mia opinione, in qualsiasi contesto mi
trovassi. “La tua parola è importante quanto quella di un uomo”, queste le parole di mia
madre.
Oggi le donne trascorrono la loro vita all’interno della propria abitazione, possono uscire
solo se accompagnate da un uomo facente parte della famiglia, non possono guardare negli
occhi un uomo, devono obbligatoriamente indossare il burqa, non si possono truccare e non
possono portare gioielli, non possono lavorare e non possono frequentare tutte le scuole.
Queste sono solo poche delle privazioni che ci sono state imposte.
Non è giusto, non è corretto nei nostri confronti. Sono contraria alla mentalità fanatica e
integralista, caratterizzata esclusivamente dalla vendetta nei confronti degli usi occidentali.
È realmente questo che dobbiamo subire? Soprusi da coloro che dovrebbero essere nostri
pari? Gli uomini dovrebbero amarci e rispettarci. Questi non sono veri uomini, si stanno
mostrando come veri e propri incubi; sono stupratori, esseri violenti che riversano la loro
crudeltà nei nostri confronti, commettendo una violenza fisica e anche psicologica. Ci
impongono i loro ideali, i loro pensieri, e ci puniscono se non li seguiamo, ci picchiano, ci
frustano pubblicamente, ma affermano che noi siamo libere. Sì…. libere ancora di sognare e
sperare che un giorno la nostra vita tornerà come prima, libere all’interno della nostra
mente, libere all’interno della nostra prigione.
In quest’ultimo periodo, coloro che stanno acquisendo una mentalità differente sono non
solo le donne, che tentano di emanciparsi e di riconquistare i propri diritti, ma anche gli
uomini che hanno acquisito consapevolezza della valenza della donna nella società e si ribellano ai talebani. Per fortuna non tutti gli afghani sono talebani.
L’aver vissuto una parte della mia vita in modo diverso probabilmente ha aggravato la mia
situazione, in maniera opposta rispetto a come vorrebbe il nuovo regime. Ho frequentato
caffè, biblioteche, scuole, palazzetti sportivi. Ci sono stati inculcati determinati valori, che
posso definire occidentali, adesso siamo state sottratte a questi ultimi, motivo per il quale è
come se avessimo automaticamente firmato la nostra condanna a morte.
Giorno dopo giorno vengo a conoscenza di storie raccapriccianti di ragazze e donne vicine a
me, è ovvio pensare che più si va avanti in questo modo, più si va incontro all’oscurità, al
dolore e ai crimini. L’inizio della guerra è tragico, ci sono donne che decidono di arrendersi e
abbandonarsi alla morte, suicidandosi e donne che decidono di dare un contributo al
cambiamento di una mentalità oscurantistica.
Mi sento sollevata, sono riuscita a sfogare i miei pensieri, pensieri di cui non posso fare
parola con nessuno. Tuttavia il mio cuore è ricco di angoscia...
Ho bisogno di fare una passeggiata, prendere aria fresca, trovare un luogo che mi trasmetta
un minimo di tranquillità, dove poter continuare a scrivere…”
Amir:
“Ecco, questo è quanto quella dannata ragazzina ha scritto. Non capisce che il mio, il nostro
comportamento è dettato da leggi ben precise. È proprio a causa di donne come lei che la
legge islamica è sottovalutata.
Il suo pensiero è stato molto crudo, è forse probabile che io sia stato troppo crudele nei suoi
confronti? Stiamo forse utilizzando mezzi troppo aggressivi, per consolidare il nostro ideale?
Oppure sono loro quelle sbagliate? Sono loro che dovrebbero essere alla pari?”

Alessio Pagano, Lentini Sofia, Giorgia Brucceri, Flavio Schembri.

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