Najya


Ciao, sono Najya e vivo in Afghanistan, ho 7 anni, la mia famiglia è sempre molto preoccupata, le cose a papà non vanno bene, non so che lavoro faccia, ma ha pochi soldi, a casa non mangiamo molto, le cose in più che abbiamo le danno sempre a mio fratello più grande, lui deve crescere sano e forte. Lui va a scuola, io rimango a casa ad aiutare mamma, i miei genitori hanno sempre detto che è giusto così, a me va bene, sono felice che Hassan vada a scuola, però mi sento sola. Quando non devo pulire, gioco con le lumache, o immagino di avere le ali e volare come gli uccelli e gli angeli.

Da qualche giorno sono iniziati rumori fortissimi, si sentono delle bombe esplodere, ho molta paura, rimaniamo sempre tutti chiusi a casa. Mamma dice che stanno venendo a salvarci, ma chi? e da cosa?

Ogni giorno dal cielo arrivano degli enormi pacchi, con tanto cibo e medicine, è fantastico! Sono gli angeli che ce li portano per aiutarci, ha detto mamma.

Sono passati 4 anni, le bombe sono sempre meno, e ci sono spesso i militari Americani che ci difendono dai talebani nel resto dell’Afghanistan, da qualche anno non è più obbligatorio indossare il burqa, e menomale! anche se a scuola dobbiamo indossare l'hijab bianco e un abito nero, coprendo sia braccia sia gambe. Ah sì, adesso posso andare a scuola però ho iniziato con le bambine piccole perchè non sapevo nulla...

A casa ho sentito parlare di fidanzamento, non voglio fidanzarmi, sono piccola!

Ciao, sono Najya e vivo in
Afghanistan, ho 27 anni e sono sposata con Ahmad. Sono passati molti anni di matrimonio, alla fine ha deciso mio padre il fidanzamento, è un brav’uomo, tende sempre a proteggere la famiglia, penso di amarlo, anche se è un po’ manesco...

Ci siamo fidanzati il 25 giugno 20 purtroppo il giorno in cui venne a mancare mia madre e fu un giorno molto triste per me. Ho tre figli, una bimba di 10 anni che si chiama Farah, Aadil che ha 7 anni e Bilal, il piccolino, che ne ha 2.

Mio marito mi ha permesso di lavorare ogni tanto con lui nel negozio di frutta, si va avanti a fatica e spero che un giorno i miei figli possano trovare qualcosa di meglio, che potranno andare fuori da questo posto e vivere più felici.

Marito:“Tu sei pazza, i nostri figli devono rimanere qui, devono lavorare sodo e come noi si dovranno guadagnare il pane, già è tanto che ti faccio lavorare con me”

Sì, anche lui non è sempre molto d’accordo con tutti questi “diritti” di cui tanto parlano, che hanno permesso alle bambine di andare a scuola e alle donne di lavorare. Anche se vedendo Farah con lo zaino si emoziona.


Qua siamo tutti molto poveri e mangiamo solo due volte al giorno quello che si può, l’acqua è poca e arriva solo una volta a settimana. E quindi dobbiamo arrangiarci e farcela bastare per una settimana, ma ovviamente con dei bambini piccoli, che vogliono sempre giocare, non è così semplice.

I miei figli vanno a scuola, Farah la più grande va in 4 elementare, è bravissima, mentre Aadil ha appena iniziato la prima elementare e non se la cava benissimo. Ma sono fiduciosa e spero che riuscirà anche lui a raggiungere buoni risultati come la sua sorellina.

La scuola purtroppo sta cadendo a pezzi e non so se i miei figli potranno continuare a studiare.

Di notte si dorme poco perché c’è freddo e, e molto spesso si fanno incubi. infatti la notte mi sveglio per consolare i miei bimbi che si svegliano piangendo , soprattutto il piccolino.

“Oggi 15 agosto 2021 è tornato il terrore a Kabul, i talebani si sono impossessati della nostra città” ho letto questa frase sul giornale, è tornato l’incubo.

Iniziamo a sentire molti più spari, la città è entrata in confusione, caos totale, dovevamo prendere una decisione, cosa sarebbe stato di noi? cosa sarebbe stato dei nostri bambini?

Non possiamo restare a Kabul, chissà che fine faranno fare a Farah e ai bimbi, inizierà la guerra, le bombe, le sparatorie, moriremo di fame, di sete, di malattie.

Dobbiamo andare via.

Siamo scappati in aeroporto, c’era una folla enorme, tutti volevano prendere il primo volo e scappare, tutti con le carte in mano per cercare di accedere agli aerei. Hanno assaltato gli aerei, anche noi ci siamo andati, ma non c’era posto, dannazione, erano già tutti ammassati, non potevamo rimanere lì.

Sono riuscita ad arrivare quasi alla porta, ho preso Farah e l’ho data ad una donna, una sconosciuta, le ho gridato “ھغھ خوندي کړئ”, “portala in salvo!”.

Poco dopo si è acceso il motore e l’aereo è partito. Ho visto uomini cadere dalle ali di quell’apparecchio. Siamo disperati, come faremo? che fine faremo?

Mi auguro che Farah possa trovare una mamma e un papà, che possa crescere e studiare, e un giorno tornare a salvare il suo paese. Figlia mia...


Angelo Infantino e Giulia Sciascia

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